Negli ultimi anni il Glifosato è stato al centro di numerose polemiche, sui giornali si alternano articoli che lo difendono e articoli che lo condannano.
Il Glifosato è un fitofarmaco utilizzato in agricoltura come erbicida a partire dagli anno ‘70, inventato da John Franz, un chimico che lavorava alle dipendenze della ditta Monsanto. Si tratta dell’erbicida più diffuso al mondo, gli agricoltori lo utilizzano per rimuovere le piante infestanti dai campi perché è efficiente e poco costoso. In Italia, fino a qualche tempo fa, veniva anche usato per tenere pulite strade, marciapiedi e ferrovie.
Il Glifosato è definito un erbicida totale, non selettivo, cioè una sostanza che uccide qualunque pianta con cui viene a contatto. Il vero boom del Glifosato avvenne quando la Monsanto iniziò a produrre varietà di piante resistenti a questo erbicida; questo permetteva agli agricoltori di irrorarlo anche con la coltura già in atto.
Senza il Glifosato gli agricoltori sarebbero costretti ad usare altri erbicidi, più costosi e meno efficaci e di conseguenza servirebbero molti più trattamenti. Il Glifosato inoltre ha una scarsa penetrazione verticale nel terreno, si ferma intorno ai 20 cm di profondità e limita notevolmente la possibilità che raggiunga le falde acquifere.
Come riporta “La Stampa”, oggi sono registrati presso il Ministero della salute circa 350 prodotti contenenti Glifosato, il cui impiego è sempre stato autorizzato nel nostro Paese.
Un recente studio, eseguito dall’Università di Washington e pubblicato dalla rivista scientifica “Scientific Reports”, ha definito il Glifosato cancerogeno. Sono stati eseguiti una serie di esperimenti nei ratti dove pare che il Glifosato avrebbe avuto una serie di effetti negativi anche sulle generazioni future. Dopo questa pubblicazione si sono scatenate una serie di polemiche a livello mondiale e tra i vari ricercatori sono nati dei dibattiti che hanno portato a conclusioni contrastanti. Secondo il biologo italiano Enrico Bucci, professore dell’Università di Philadelphia, si tratterebbe di una fake news, dettata da interessi economici e commerciali. Secondo il biologo i dati emersi sarebbero stati manipolati, si sono inoltre riscontrati errori grossolani nelle statistiche presentate, perfino addizioni sbagliate.
Le dosi di Glifosato somministrate ai ratti sarebbe stata molto superiore alla massima dose consentita per legge. Infine è emerso che questi studi sono stati finanziati da una fondazione già nota per altre battaglie dubbie, come ad esempio sulle cellule staminali.
Sul sito della “US National Library of Medicine” sono presenti più di 1.400 articoli che si occupano del glifosato e dei suoi effetti e nessuno studio ha individuato un collegamento tra il glifosato e il cancro negli uomini.
Secondo gli organizzatori del convegno di Pistoia, tenuto da Lega Ambiente e WWF, il Glifosato sarebbe invece una sostanza di grande pericolosità in grado di causare malattie del sistema endocrino.
L’agenzia statunitense EPA per l’ambiente ha ribadito l’assenza di rischio sul Glifosato, se utilizzato correttamente nelle dosi consigliate. Il Glifosato risulta dannoso per l’uomo solo se utilizzato a concentrazioni elevatissime, molto lontane da quelle del normale utilizzo in agricoltura. L’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro IARC ha inserito questo prodotto nella classe 2, definendo come “probabile cancerogeno, in una scala in cui la classe 1 rappresenta le sostanze sicuramente cancerogene per gli esseri umani; la decisione è stata motivata dal fatto che non ci siano abbastanza prove per definirlo cancerogeno.
In Italia attualmente il Glifosato in agricoltura non è vietato, tranne che in fase di pre-raccolta e trebbiatura; mentre è stato vietato l’utilizzo in parchi, giardini, aree ricreative di pubblico utilizzo.
Il servizio televisivo proposto recentemente dalla trasmissione “Le Iene” mi ha particolarmente colpito. Anche se questa trasmissione ha talvolta affrontato argomenti in modo superficiale, mi ha comunque fatto riflettere sui rischi che possono derivare da un errato utilizzo del prodotto. Il servizio era stato girato in Argentina, la nazione che utilizza più Glifosato al mondo. Per capire meglio quello di cui sto parlando basta dire che nel mondo sono utilizzati 2 miliardi di litri di Glifosato all’anno, che corrispondono a 0,3 litri all’anno per abitante della Terra; in Argentina la quota annuale per abitante corrisponde a 4,5 litri. In Argentina ci sono enormi distese di cereali sulle quali vengono distribuite grandi quantità di Glifosato, soprattutto con gli aerei, alzando nell’aria un pulviscolo che si sparge ovunque. I glifosati sono presenti ovunque, nell’aria, nell’acqua, sul suolo e anche negli alimenti. In Argentina, a dimostrazione della tossicità del prodotto, ci sono alte percentuali di tumori, malformazioni alla nascita e malattie inspiegabili; in alcune zone di parla addirittura di una persona su due che si ammala di cancro. Come è emerso dal servizio televisivo, gli agricoltori argentini non usano alcuna precauzione nell’utilizzo del Glifosato, probabilmente non si rendono conto della gravità di quello che sta succedendo; addirittura utilizzano i fusti vuoti del Glifosato per usi domestici.
Sicuramente la situazione rappresentata in Argentina non rispecchia la situazione nel nostro Paese dove l’uso del Glifosato avviene con più moderazione e consapevolezza e con l’utilizzo di adeguati mezzi di protezione. Sicuramente le fonti che lo classificano come cancerogeno non sono da sottovalutare, non metto in dubbio che questo prodotto sia nocivo per la salute ma se usato nelle giuste modalità e dosi, con adeguate precauzioni, secondo me gli effetti collaterali sono ridotti al minimo.