Da alcuni anni nel nord Italia si è iniziato a parlare del lupo, animale da sempre presente nell’immaginario collettivo ma non più presente in Italia dal 1925. La causa dell’estinzione è legata alla caccia di questo animale per la sua pelliccia ma soprattutto per eliminare un antagonista storico di cacciatori e allevatori ma. A differenza di come molti pensano, il rapporto tra lupo e uomo non è sempre stato teso.
Il lupo e l’uomo si conobbero la prima volta nella preistoria quando dipendevano entrambi dalla caccia e fecero fronte comune per sopravvivere stringendo un’alleanza portata ancora oggi avanti dai cani, diretti discendenti del lupo. Questa alleanza si è rotta in definitiva con il Medioevo quando l’uomo non dipendeva più dalla caccia ma dall’agricoltura e dall’allevamento ponendosi così ad un livello trofico più alto rispetto al lupo. Questa differenza di bisogni alimentari si è trasformata in breve tempo in odio, che si è manifestato in modo pratico con l’uccisione di questi animali mediante tagliole e bocconi di carne chiodati, fino agli odierni bocconi avvelenati, ma ha anche modificato l’immaginario collettivo trasformando un tutore della caccia in uno stalker che segue le bambine nei boschi e si mangia le nonne.
La caccia al lupo iniziata nel Medioevo si è protratta fino all’inizio del novecento con la morte dell’ultimo lupo avvenuta nel 1925 sulle alpi liguri piemontesi.
L’assenza del lupo durata un secolo non ha giovato all’ambiente, rimasto compromesso dall’eliminazione di un componente della catena alimentare, provocando uno sviluppo incontrollato di erbivori e roditori che hanno modificato l’equilibrio naturale tra i livelli trofici. Questo ha recato danni allo sviluppo della vegetazione sia arborea che arbustiva limitando di conseguenza la riproduzione di specie di uccelli che nidificano sugli alberi.
Questo fenomeno si è riscontrato chiaramente nel parco nazionale di YellowStone dove il lupo è stato reintrodotto dall’uomo. Pochi anni di presenza sono bastati a cambiare radicalmente il territorio; il numero dei cervidi è diminuito, questo ha portato lo sviluppo di altre specie animali come le aquile dalla testa calva che si cibano delle carcasse abbandonate dai lupi. La diminuzione di cervidi ha permesso uno sviluppo di arbusti e arborei che hanno consolidato gli argini dei fiumi riducendo l’erosione ed hanno permesso lo sviluppo di specie migratorie e passeriformi solite a nidificare sugli alberi.
Questa risanazione del territorio avvenuta a YellowStone sta avvenendo anche sul territorio italiano da circa una ventina d’anni dopo il ritorno spontaneo del lupo. Tuttavia i suoi nemici storici, allevatori e cacciatori, sono contrari alla presenza di questo animale.
Gli allevatori dopo il ritorno del lupo sono stati costretti a ritornare ai pascoli in alpeggio per garantire la sicurezza degli animali, questo ha impedito che le greggi si disperdessero creando danni all’ecosistema e che i cani da pastore, a causa dell’abbandono, diventassero randagi e potenzialmente pericolosi.
A differenza di quanto si pensi gli attacchi alle greggi da parte dei lupi sono poco frequenti e da parte dello stato ci sono risarcimenti in caso di attacchi certi o presunti, inoltre l’Europa ha destinato fondi per la prevenzione dagli attacchi dei lupi in alpeggio fornendo agli allevatori reti elettrificate e cani da guardiania addestrati, dando la possibilità agli allevatori di ripopolare le montagne parte integrante della nostra cultura territoriale.
Anche da parte dei cacciatori ci sono molti dissensi riguardo la presenza del lupo sul nostro territorio a causa della propensione di questo animale cacciando gli esemplari vecchi e malati porta i branchi in alta quota, e toglie la possibilità ai cacciatori di accaparrarsi facili prede.
L’attività di questo animale giova sia all’ambiente che e alle comunità di animali predati dai lupi, come gli ungulati, migliorando la loro linea genetica eliminado esemplari vecchi e malati ed aiuta il contenimento di specie nocive come ungulati, cinghiali e roditori.
Il ritorno del lupo ha smosso tutta la comunità del nord e centro Italia e come tutte le novità la popolazione si è divisa in due: i favorevoli ed i contrari, abbiamo già illustrato l’opinione dei cacciatori e degli allevatori che rappresentano la parte contraria ma c’è anche gente che nel ritorno del lupo ha visto un’opportunità di rinascita economica e di valorizzazione del territorio. Infatti dal ritorno del lupo il turismo nelle aree alpine è incrementato notevolmente, portando alla riscoperta ed alla valorizzazione di territori montani ormai dimenticati ed ha ispirato molti progetti come il “ Life WolfAlps”(01/09/2013-31/05/2018) che ha portato finanziamenti Europei “”al fine di realizzare azioni coordinate per la conservazione, la gestione e conservazione a lungo termine della popolazione alpina del lupo””. Inoltre questo progetto si occupava dell’informazione, della didattica, dei censimenti della popolazione di lupi nelle alpi e del supporto agli allevatori negli alpeggi collaborando con regioni ed enti statali al fine di realizzare un intervento efficace.
A mio parere la ricomparsa del lupo non è solo un evento che porta alla valorizzazione del territorio e all’equilibrio naturale ma anche una soluzione che la natura ha trovato per ristabilire un po’ di ordine in un ecosistema compromesso dato il ritorno interamente naturale del lupo. Questo spontaneo ritorno è quello che più alimenta miti di natura “complottistica” legati alla presenza di questo animale come la convinzione che cuccioli di lupi siano stati paracadutati sulle alpi al fine di ripopolarle; è inutile sottolineare come questa sia soltanto una diceria messa in giro da persone che non vedono di buon occhio il ritorno di questo animale che come ribadisco è stato totalmente spontaneo.