Nell’articolo intitolato “Supermercati il grande inganno del sottocosto” pubblicato il 27/02/17 su Internazionale, Fabio Cicante e Stefano Liberti affermano che il consumatore ad oggi si fermi a vedere il costo del bene e non si interroghi sul fatto che quella materia prima costi così poco da non ripagare i costi di produzione. L’articolo si sofferma sull’esempio di un supermercato di Roma, ma l’idea di sottocosto si estende in tutt’Italia e in tutto il mondo.
Io credo che il consumatore debba, per quanto può, comprare il prodotto direttamente dal produttore perché così facendo, pagando veramente quanto costa il bene, indirettamente si paga la fatica fatta dal produttore e inoltre si paga la dignità del lavoratore.
La GDO (grande distribuzione organizzata), oltre a non ripagare il lavoro, diminuisce se non azzera del tutto, il costo del bene prodotto e non garantisce la qualità del prodotto perché nessuno dà la sicurezza che non vengano immesse sostanze per conservare più a lungo il bene.
Inoltre, sono favorevole al Km/0 perché secondo me il consumatore può fidarsi di più del contadino piuttosto che del supermercato; oltre ad acquistare bene, si crea più guadagno da parte del produttore.
Essendo un produttore, anche di ortaggi, vivo in prima persona questo fenomeno. Per esempio quest’inverno ho venduto le verze tramite due differenti procedimenti; il primo era quello di vendere direttamente al consumatore con un guadagno che si aggirava intorno ai 50 cent/kg. Il secondo invece consisteva nel vendere alla GDO ottenendo un prezzo che equivale a 13 centesimi al kg. Oltre al basso costo, i pagamenti verranno effettuati nel mese di luglio.
Infine, a sostegno della mia tesi, è notevole la differenza di retribuzione che mi spetta e inoltre bisogna cercare di ottenere un prodotto puntando sulla massima qualità e non tanto sulla quantità.