Cambiamenti climatici, le conseguenze in agricoltura
OpinioniSpesso si sente parlare dei cambiamenti climatici e sovente vengono affrontati con disinteresse forse perché in un mondo sempre più urbanizzato non ci rendiamo più conto o, per qualcuno, addirittura non sappiamo quali siano gli effetti di questi cambiamenti.
Come ben sappiamo grazie agli insegnamenti ricevuti a scuola, la Terra riesce a mantenere un certo tipo di temperatura grazie al così chiamato “effetto serra” per il quale qualsiasi essere vivente sulla terra ha avuto la possibilità di svilupparsi. Questo è generato da una serie di gas serra tra cui l’anidride carbonica (prodotto di scarto di gran parte delle combustioni, sotto forma molecolare CO2 ) che formano uno strato nell’atmosfera che trattiene parte del calore.
Ora, a causa degli inquinanti che ogni giorno vengono rilasciati nell’aria, questo strato sta aumentando di spessore impedendo la fuoriuscita di parte del calore che naturalmente dovrebbe uscire.
Questo lo dicono i dati: da un articolo de ilsole24ore.com, dal 1880, anno nel quale la banca dati Noaa (National Climatic Data Centre) rileva dati climatici, il maggio del 2018 è stato il 401° mese consecutivo in cui le temperature hanno superato la media negli ultimi cento anni.
Anche osservazioni empiriche lo dimostrano: per la scuola in questi mesi abbiamo intervistato gli agricoltori dei nostri paesi sulle temperature e sulla piovosità di 50/60 anni fa, e successivamente le abbiamo confrontate a quelle degli ultimi 10 anni e le differenze si notano facilmente.
Il settore che più viene influenzato da questi cambiamenti senza ombra di dubbio è quello agricolo, infatti secondo un rapporto FAO (Food and Agricolture Organization) uscito nel 2017, negli anni tra il 2005 e il 2015 i disastri naturali sono costati ai settori agricoli delle economie dei paesi la sbalorditiva cifra di 96 miliardi di dollari a causa delle colture danneggiate o perse e la metà di questo danno ( 48 miliardi) si è verificato in Asia.
La causa più grande delle perdite è la siccità che provoca danni per 29 miliardi di dollari, seguono i disastri meteorologici (26,5 miliardi), le inondazioni (19 miliardi), i terremoti (10,5 miliardi), i disastri biologici (9,5 miliardi) e gli incendi (1 miliardo).
Durante una conferenza fao riguardante i cambiamenti climatici ad Hanoi il 15 e 16 marzo 2018, il Direttore generale della FAO José Graziano da Silva, ha affermato : <<Questa è diventata la situazione “normale”, e l’impatto del cambiamento climatico aggraverà ulteriormente queste minacce e sfide. La riduzione e la gestione del rischio di catastrofi devono quindi diventare parte integrante dell’agricoltura moderna>>.
Proprio perché questa situazione è diventata la “situazione normale”, molti sono gli agricoltori che in tutto il mondo hanno apportato innovazioni nelle proprie aziende o nelle proprie comunità.
Per esempio sulle Alpi della nostra penisola, oltre il 46° parallelo nella provincia di Sondrio, negli ultimi 10 anni sono stati impiantati circa diecimila olivi per la produzione di olio e nella Pianura Padana si è iniziato a coltivare grano duro finalizzato alla produzione di pasta. Cosa molto strana se si pensa che olivo e grano duro sono colture tipicamente del centro sud Italia. Strana anche la situazione in Sicilia dove vengono coltivati frutti tropicali: ai piedi dell’Etna gli agricoltori hanno impiantato avocado e in provincia di Palermo in condizioni ottimali si riescono a produrre le prime banane italiane.
Quasi dall’altra parte del mondo, in Bangladesh, gli agricoltori nel paese di Charbhangura con la collaborazione dell’organizzazione no profit Shidhulai Swanirvar Sangstha, tre anni fa hanno iniziato a realizzare fattorie galleggianti sulle quali si trovano pollai, recinti per pesci e orti che galleggiando non rischiano di essere distrutti dai monsoni evitando così di perdere le proprie coltivazioni. Il cambiamento climatico minaccia di peggiorare l’intensità e la durata delle inondazioni nelle pianure del Bangladesh e le fattorie galleggianti possono permettere agli abitanti di convivere con il fenomeno.
Mi è capitato anche di trovare un post sul social network Instagram di una pagina di divulgazione scientifica e culturale chiamata “different_group” (è presente anche il sito di questa pagina) che spiega come aziende discostate dal settore agricolo stiano realizzando sistemi di coltivazione adattabili a svariate condizioni climatiche e che contribuiscono a ridurre gli impatti. L’esempio che fa è quello dell’Ikea: la famosa azienda svedese sta testando un sistema di coltivazione chiamato Lokal che permette di coltivare l’orto dentro casa riducendo inoltre l’impatto idrico e ambientale.
Tutto questo dimostra che per aumentare le entrate economiche nel caso dei contadini italiani o per sopravvivere nel caso degli abitanti di Charbhangura, gli agricoltori di tutto il mondo cercano sempre di adottare nuove tecniche e coltivazioni, senza aspettare un possibile ritorno delle vecchie condizioni climatiche anche perché se la situazione rimane tale e i livelli di inquinamento non diminuiranno, probabilmente negli anni a venire assisteremo a un completo cambiamento sia a livello climatico che a livello agricolo.